Contingenze. Emergenze. StatoSociale arrogante, assente, indifferente e colpevole. Vuoto pneumatico di non-luoghi che diventano dinamica solidale e autonoma, trasformando altrove abbandonati in progetti del divenire. Coniugando il tempo presente, senza passato retorico – bensì con radici tradizionali fondative – e con un futuro millimetrato, nella Casa de Nialtri ad Ancona si costruisce un Artigianato Sociale:
CASA DE NIALTRI : INSIEME PER COSTRUIRE UN NUOVO IMMAGINARIO*
di Katya Mastantuono
31 dicembre 2013 alle ore 11.20
Nella ex-scuola occupata di Ancona, in Via Ragusa, oggi, non si riconoscono più un LORO e un NOI ma esiste la Casa de Nialtri che in anconetano sta ad indicare la NOSTRA CASA e parlare di casa ha tutta la profondità di quando si parla di protezione, di intimità, di relazioni che aiutano a crescere reciprocamente, CASA come luogo non fatto solo di mura, ma di mutuo aiuto e solidarietà, di quel calore che non deriva dal riscaldamento negato ma da un unico corpo che ormai ha ben compreso che, per sopravvivere, non si possono collocare in benessere solo alcuni dei suoi organi, e che deve restare unito.
Accanto ad ANCONA BENE COMUNE in cui si riconoscono alcune reti cittadine, Sinistra Ecologia e Libertà, Partito deiComunisti Italiani e Rifondazione Comunista, il Centro Sociale Asilo Politico, ci sono l’Unione Consumatori, il Gruppo anarchico Malatesta e dell’Unione Inquilini, l’Associazione Free Woman e tante altre altre soggettività informali che animano e si impegnano in percorsi di cittadinanza attiva.
Molte le adesioni di questi giorni che meritano ringraziamenti e riflessione: la lettera dell’Arcivescono Menichelli, l’impegno di Suor Pia della Mensa del Povero di Padre Guido che ha fornito i pasti nonostante avesse ricevuto l’invito a sospenderli, la visita delle suore della Parrocchia delle Grazie, i vicini e le persone del quartiere fin da subito solidali e quotidianamente presenti a testimoniare accoglienza e non rifiuto, Don Renato e la parrocchia dei Salesiani da tempo impegnata nella inclusione di persone di varie provenienze, la Caritas locale, l’impegno discreto ma puntuale di Amnesty International, le tante persone venute ad aiutare e a portare quanto necessario e le famiglie anconetane che sono venute in visita con i loro figli per socializzare oltre che portare allegria e giocattoli, la rete dei produttori agricoli locali e la Coop Adriatica che ha donato viveri, alcuni cittadini che con discrezione hanno fatto donazioni in denaro per acquistare beni di necessità, l’associazione giovanile “della scalinata di Via Dalmazia” che ha contribuito a rendere bello e vivibile il giardino della ex-scuola, le associazioni riunite nella Casa delle Culture con un sostanziale intervento di appoggio e comunicazione, la CISL che ha emesso un comunicato di appoggio e di invito al dialogo, i tanti giornalisti presenti e attenti, molti dei quali poi tornati a titolo personale a sostenere ciò che si sta facendo insieme, il centro sociale Ambasciata dei Diritti che ha postato un “benvenuto” ai nuovi vicini, associazioni e organizzazioni di vario genere anche non cittadine che sono accorse a vedere documentare,conoscere, farsi un’idea propria, singoli politici impegnati in Consiglio Regionale.
Si nota l’assenza e il silenzio di alcune importanti organizzazioni a cui forse sta più a cuore l’equilibrio di sistema che il mettere a nudo una realtà, ormai impossibile da nascondere, di disagio e di crescente necessità di coesione non mediata dai professionisti della concertazione.
Il 30 dicembre presso la Casa de Nialtri, la sindaca Mancinelli, accompagnata dagli Ass. Stefano Foresi per la Partecipazione democratica e Emma Capogrossi per i Servizi Sociali a cui si sono aggiunte 4 assistenti sociali, hanno potuto incontrare i tanti ospiti e le tantissime persone che sostengono fattivamente questa progettualità sociale, la stampa era presente massicciamente.
Il colloquio è avvenuto nella sala grande che viene usata per il pranzo, in una grande assemblea dove gli interventi sono stati tradotti puntualmente in arabo, in somalo e nelle tante lingue degli ospitanti affinchè tutti comprendessero.
Intervento di Adam: https://www.youtube.com/watch?v=tRNskWej8nI
La giunta ha ammesso di avere avuto e di avere limiti nell’affrontare la questione e ha portato le proprie proposte miranti a risolvere l’emergenza per un periodo di 5/6 mesi in strutture già esistenti che hanno il limite di offrire un tetto notturno ma senza alcuna progettualità sociale.
A questa proposta sono seguite le risposte dei tanti intervenuti che, presentando la propria storia, hanno rifiutato consapevolmente le proposte offerte chiedendo invece a gran voce di trasformare un’esperienza di occupazione in un percorso progettuale nella certezza che i costi a carico dell’Amministrazione sarebbero gli stessi se non inferiori.
La Chiesa cattolica, presente attraverso padre Alberto e il forte comunicato del Vescovo della Arcidiocesi di Ancona e Osimo, ha ricordato che un dovere essere accanto a chi non ha casa e che le regole sono scritte per gli uomini, non viceversa, ed esistono leggi con fonti ben più autorevoli del diritto di proprietà che può e deve essere superato a tutela della dignità dei più fragili, soprattutto se l’immobile in questione è dismesso e in particolare se è di proprietà pubblica che deve poter essere MESSA IN COMUNE ovvero a disposizione della collettività che presenta bisogni speciali.
Arroccarsi sulla motivazione della tutela della legalità nei confronti di un atto come una occupazione è sicuramente una posizione comprensibile da parte di una ‘amministrazione. Rappresenta però quella AMMISSIONE DI IMPOTENZA ovvero l’ammissione di non avere la capacità politicaper assumersi direttamente la responsabilità di essere AGENTE di GOVERNO e CAMBIAMENTO: un’amministrazione deve saper gestire situazioni complesse e sfidanti e non può farlo con gli strumenti di sempre, occorre sostenere la collettività nel fare un salto di maturità e deve saper riconoscere in percorsi socialmente innovativi la vera e reale pulsione per la maturazione di una società compromessa nel suo futuro da sistemi economici sregolati e criminosi.
Quando ci si candida e si vince una competizione elettorale per governare una città, una amministrazione deve essere consapevole che le problematiche non son quelle di un consiglio di amministrazione che deve SOLO saper far quadrare i conti ma le competenze richieste sono la capacità di leggere e sostenere il conflitto posto dalla gestione della complessità in scarsità di risorse. La capacità di cogliere il valore che sta esprimendo questa esperienza in termini di coesione sociale trasversale che nasce dal bisogno reale di tanti rappresenta il banco di prova, l’occasione per trasformare una occupazione in una progettualità condivisa.
Ma talvolta il ruolo imbriglia se si è in buona fede, ma più spesso espone e costringe ad esprimere la vera natura di chi lo svolge: in questo caso l’amministrazione non esprime una visione politica di amministrazione della città volta al ben-essere e al ben-vivere ma piuttosto preoccupata dalla salvaguardia dell’ordine costituito, al rispetto delle regole, svolgendo quella funzione genitoriale normante tipica di chi non riesce a fornire risposte nuove e flessibili alla domanda drammatica posta dalla crisi e tradotta nella disperazione di tanti.
In situazioni come questa inevitabilmente si getta la maschera.
Delle due una: o si è un primo cittadino in prima linea contro un sistema che strema e a tutela della propria comunità e delle economie locali o si diventa l’ultimo vero esecutore, il braccio armato delle politiche scellerate contro le comunità locali offerte in sacrificio alle economie impersonali dei flussi, la cui consolle di comando è ben lontana da queste nostre terre e scrivanie.
Alla Casa de NIALTRI, dopo l’incontro ma soprattutto dopo il tono del comunicato diffuso dall’Ufficio stampa del Comune di Ancona che pare non aver attraversato le cui corde del dialogo e del confronto emerse con chiarezza durante l’incontro di appena qualche ora prima , inizia la vera occupazione: si è iniziato la costruzione del nuovo immaginario. Si lavora quindi e si progetta un’esperienza che possa diventare la speranza per chi non ha più nulla di materiale ma anche e anche per chi aveva perso energia in termini ideali e valoriali.
A partire dal prossimo 3 gennaio sarà operativo un conto corrente presso BANCA ETICA e si raccoglieranno e rendiconteranno in modo assolutamente TRASPARENTE ed immediato come verranno utilizzate le donazioni private.
A ciascuno il proprio compito e ruolo. E Voi che state ora leggendo come e in cosa potrete e vorrete contribuire?
Ad Ancona in questo momento ci sono ormai centinaia di pugni chiusi, forti abbastanza per aprirsi in una carezza e trasformarsi in lavoro comune.
Siamo già alla fase 2: dalla protesta all’azione per costruire il nuovo immaginario.
E poi:
Casa de Nialtri: Un’AltraConvivenza è possibile*
di Katya Mastantuono
5 gennaio 2014 alle ore 10.16
Tutti noi siamo in grado di apprezzare un bene realizzato con cura da un artigiano perchè in esso ne riconosciamo l’originalità,l’unicità,l’autenticità,l’esperienza. Comprendiamo che le imperfezioni lo rendono unico, non omologo a nient’altro, sicuramente replicabile. Tuttavia, pur partendo da uno stesso prototipo, ogni nuova realizzazione risulterebbe solo simile e mai uguale alla precedente per una infinità di fattori, in primis per via della materia prima con la quale essa viene realizzata.
Quanto sta accadendo nell’esperienza collettiva della Casa de Nialtri merita l’attenzione di tutti coloro che vogliono lasciarsi guidare nella lettura di una realtà non artificiale, non omologa ed originale che parte dal vissuto e che sta producendo qualcosa di unico e di autentico.
Ad Ancona, la ex scuola materna ormai Casa de Nialtri non è più solo un luogo fisico che garantisce riparo, protezione e calore ma è diventata una esperienza umana profonda e unica in cui, persone senza strumenti per realizzare il proprio progetto di vita, stanno avviando un percorso individuale e collettivo di autodeterminazione.
Partendo dalla necessità e attraverso la volontà di un confronto reciproco stanno lentamente riconoscendo la diversità come valore, valorizzando le peculiarità di ciascuno, rispettando le diverse culture, ridisegnando gli atteggiamenti e modellando i propri comportamenti, orientandosi quindi ad una convivenza autogestita.
Ma in cosa consiste l’autogestione? E’ forse lo spaventoso far-west dove si paventa l’orrore dell’affermazione del proprio diritto senza rispettare quello degli altri?
Proviamo ad entrare e ad attraversare questo laboratorio sociale e cerchiamo, nei ritmi quotidiani e nelle pulsioni che essi esprimono, gli elementi che lo caratterizzano.
Non era scontato che le cinquanta persone provenienti da oltre 10 paesi, con diverse lingue e dialetti, appartenenti a differenti etnie, culture e religione, eterogenee per età e per genere decidessero di superare i propri comprensibili egoismi e narcisismi e indirizzassero il loro agire nell’interesse della famiglia CASA DI NIALTRI piuttosto che quello del singolo o del proprio gruppo.
Molti dei progetti di accoglienza e di integrazione trovano in questo scoglio il proprio limite.
Nella consapevole volontà di orientarsi in modo plurale e collettivo, comunitario, partendo dal voler redigere un proprio regolamento interno capace di individuare i criteri per la accoglienza e permanenza nella Casa, nell’individuare con il principio della rotazione gli incaricati nei servizi collettivi, nel saper controllare gli accessi e autoregolare i ritmi della giornata, nello stabilire i turni in cucina e il menù per i pasti nella piena condivisione e nel pieno rispetto della diversità di genere, anagrafica, culturale ed etnica, linguistica, religiosa risiede la vera sfida di questa bella e complessa famiglia. Come in tutte le famiglie esistono ed emergeranno normali criticità dovute alla necessità di esprimere le diverse individualità ma ogni controversia viene affrontata nell’Assemblea che giornalmente regola, aggiusta, valuta e decide i passi da compiere per l’avanzare civile della comunità.
Intensa l’Assemblea in cui il gruppo di giovani provenienti dalla Tunisia chiede alla comunità di poter cucinare le proprie specialità un giorno alla settimana, quella in cui il giovane pakistano pone il problema di come poter far colazione molto presto al mattino senza disturbare il sonno dei cuochi e quando, con grande affetto, un membro ha salutato gli altri “familiari” nella casa: era stato fortunato, aveva trovato un lavoro e lasciava il posto a qualcuno che aveva più bisogno, poteva pagarsi una abitazione.
Una comunità in cammino che si sta confrontando sul valore del denaro, sulle relazioni con i vicini, sulla protezione dei più fragili, sul ruolo di ciascuno, sul riconoscimento reciproco e la solidarietà, sulle competenze e su come possono essere messe a frutto per il ben-essere di tutti. Alcuni parlano di comprendere i bisogni e, subito dopo la necessità di avere un tetto e del cibo che somiglia sempre più ad una esperienza di housing sociale, emergono la necessità di comprendere e farsi comprendere in lingua italiana, di perfezionare alcune conoscenze e competenze lavorative, di conoscere le regole per l’accesso al lavoro e di come organizzare forme di lavoro collettivo autonome oppure di come raggiungere una meta diversa dal nostro Paese e l’animazione per i bambini.
Sono persone alla ricerca del proprio ruolo che chiedono solo tempo e spazi per tentare una originale sperimentazione che rappresenta una vera e propria innovazione sociale per la nostra città. Questa esperienza non può e non vuole essere paragonata al circuito di offerte già largamente presenti e ben sperimentate, grazie alla professionalità di cooperative, agenzie di servizi del terzo settore e associazioni di volontariato, poiché rappresenta una formula nuova, “artigianale”, imperfetta nel suo esprimersi e realizzarsi ma con la straordinaria potenzialità di un processo autentico di autodeterminazione. Alla progettazione svolta dai soggetti professionali è stata sostituita la progettualità partecipata da ciascun individuo e dal soggetto collettivo della comunità, ai servizi di prima emergenza forniti con carattere assistenziale e caritatevole è stata sostituita la solidarietà dei singoli cittadini anconetani e delle tante imprese che stanno contribuendo orientati ad una accoglienza di secondo livello, alla gestione pubblico-privata della conduzione della struttura e dei servizi è stata avviata la sperimentazione dell’autogestione, al passivo ricevimento di contributi l’attivazione di una banca del tempo per rendersi utili, attivi in una società essa stessa in grave disagio e difficoltà.
Cosa manca dunque per la legittimare questa esperienza originale, autentica, unica, importante?
La soluzione esiste : è palese, davanti a tutti.
Occorre avere il coraggio di riconoscerla, sostenerla, percorrerla. Andiamo avanti.
MARTEDI’ 7 gennaio in Via Ragusa, alla consueta Assemblea delle ore 18,00,tutti potranno partecipare alla costruzione del progetto della
Casa de Nialtri.
Un invito a chi sente di poter contribuire con entusiasmo a questo percorso di cittadinanza attiva, a questa esperienza umana, civica, di “artigianato sociale”.
*Articoli tratti dalla pagina facebook di Katya Mastantuono.
Cielo… ci sono ancora gli UMANI. Li riconosci quando sono in marcia e a mani nude disboscano lo spazio dove i burocrati disseminano pastoie, leggine, regolamenti…. Pionieri.
MMCara, la tue parole sono poesia della realtà! Grazie:)