Car* lettor*, amic* e compagn* di unlucano, continua il percorso di scrittura. Da oggi è disponibile sulla piattaforma di auto-pubblicazione YCP una breve raccolta di racconti dal titolo ‘R’acconti di R’esistenze’:
“Questi racconti sono acconti di vite autentiche in credito con la realtà in un presente che è già memoria. Gesti, dialoghi, monologhi, immagini, emozioni, odori e suoni scanditi da un tempo che non esiste, ma che viene coniugato dai personaggi alla voce riesistere. L’io narrante si scioglie, disseminandosi, e racconta l’amore, il gioco, le scelte, le lotte, la crescita, la morte. Sono vite quotidiane nell’eterno universo di ipocrisia, fatica, solitudine e sogni. I luoghi si incastrano al logos e recitano il cammino di queste vite che esistono, resistono, si ribellano, emancipandosi. In definitiva, una pro_vocazione alla libertà.”
Ringraziando tutt* anche solo per avermi dedicato un istante della vostra vita, Tal_es se vi piace R’acconti di R’esistenze:

Per spiegare più a fondo l’origine e lo spirito di ciò che ho in_collazionato, parto contestando l’assurdo assunto secondo cui per la macchina schiacciasassi del mercato editoriale “il racconto non vende”. Infatti, il racconto non deve vendere: dovrebbe semplicemente essere letto nelle varie e plurali forme in cui si manifesta per iscritto, partendo anche da una tradizione dell’oralità. E diffuso nella coralità sociale che lo interpreta. Non essendo un ammiratore dell’entertainment, rifuggo ogni etichetta, anzi ne cerco continuamente una destrutturazione: in un falso incrocio di lingue, label=labile. Ed è uno degli obiettivi fondanti del progetto ‘incheapit’ dove la lingua perde la struttura e si contrae emancipandosi. Nel colophon di ‘R’acconti di R’esistenze’ ho scritto che “l’io non è il mio”, perché la naturale cessione delle parole da chi le scrive a chi le legge già esaurisce l’impossibilità di possesso. Ed è dall’espropriazione dell’io-narrativo che si costruisce un percorso dai tratti il più possibile inter_lineari – come contrappunto a ‘Incheapit’ – per mezzo della sfrondatura massiccia di aggettivi e rotondità ricercate – seppure a portata di penna e refill. Tra l’altro, abbandonando l’io ideo_logico, anzi concentrandomi con grande sforzo in altri luoghi. Non credo nella piatta semplicità dello scrivere, non foss’altro che i cortocircuiti generativi e le tensioni personali mi trascinano verso altre forme espressive, come ad esempio la continua interferenza spontanea tra prosa e poesia, ricercando il superamento di limiti formali imposti, nell’artiginalità come nella vita concreta. Però, è proprio questa volontà di misurarmi con la cosiddetta semplicità, un cliché quasi naif e/o addirittura adolescenziale, che mi ha permesso e guidato nel decostruire e decolonizzare quest’assurda matrice del mercato. Permettendomi di raccontare storie che altrimenti avrei racchiuso in un pugno di parole alzato contro il cielo, ululandole mentre fischia il vento.
Come ulteriore tag_lio di copertina, in ‘R’acconti di R’esistenze’ si trovano anche: lavoro salariato, industria, inquinamento, gentrificazione, carcere, malattia, appunti filosofici, qualche espli_citazione letteraria / cinematografica / musicale, versi di esseri umani e parole di esseri viventi, terrorismo, razzismo, migrazione, chiesa, sesso, prostituzione, medio-borghesia, politica, politico, gender, cliché, sud…
Note. Preciso e riannoto che, sin dalla prima pubblicazione con il progetto ‘Incheapit’ di oltre un anno fa, avevo richiesto almeno l’esclusione di Amazon. Purtroppo ciò non è possibile. Pertanto, e finché non troverò altre strade tra il primario e basilare principio della liber/-\ diffusione e la più larga propagazione possibile in auto_sostentamento, il suggerimento è di voler visitare la pagina della piattaforma editrice YCP o di altre meno coinvolte in – se non addirittura avulse da – processi e meccanismi capital-schiavistici.